Analisi dei vantaggi e degli svantaggi della nuova app per il tracciamento dei contagi da Covid-19
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E' notizia recente il rilascio su App Store e Play Store della tanto discussa app Immuni, che dovrebbe servire per il tracciamento dei contagi da Covid-19 nella cosiddetta "Fase 2" della pandemia, quella della convivenza con il virus.
Dopo ritardi, polemiche, rinvii, l'app è finalmente scaricabile ed installabile sui nostri smartphone.
Ad aprile 2020 il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia la scelta dell'app Immuni, sviluppata dalla milanese Bending Spoons, come applicazione ufficiale per il tracciamento dei contagi nella fase 2. L'annuncio, seguito da aspre polemiche sul tema della raccolta e della tutela dei dati personali, scatena le perplessità del Copasir e del Garante della Privacy, che infine emettono le loro indicazioni e danno il loro assenso all'utilizzo dell'app. Il 1 giugno l'app viene rilasciata sugli store di Apple e Google, consentendo nella fase iniziale la sperimentazione in 4 regioni: Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria.
A inizio aprile i due colossi Apple e Google hanno comunicato la loro volontà di unire gli sforzi per creare un set di API che consentono agli sviluppatori di creare applicazioni destinate al tracciamento dei contagi, garantendo l'interoperabilità tra i due sistemi iOS e Android. In una seconda fase, secondo quanto dichiarato da Apple, verrà ampliata l'integrazione di queste funzionalità nel sistema operativo, permettendo di realizzare applicazioni sempre più efficaci. A inizio maggio entrambe hanno rilasciato gli aggiornamenti dei rispettivi sistemi operativi con le nuove API e il supporto alle notifiche di esposizione al contagio da Covid-19. Immuni, inizialmente progettata per fare uso dello standard europeo Pepp-PT per il tracciamento, è stata ripensata in modo da interfacciarsi con le API di Apple e Google.
Per una maggiore trasparenza, si è deciso di pubblicare il codice sorgente dell'applicazione e la documentazione che chiarisce le modalità operative e di trattamento dei dati.
Sfatiamo subito uno dei miti principali: installare l'app non comporta alcun rischio per la propria privacy. O perlomeno, non più di quanti ne comporti l'utilizzo delle app comunemente installate sui nostri smartphone, dal momento che basta utilizzare un qualunque social network per essere costantemente tracciati e schedati in merito ai nostri spostamenti, ai nostri interessi, alle nostre opinioni personali. Anche il semplice utilizzo delle funzionalità di base di uno smartphone prevede la conservazione della nostra identità e della nostra posizione, specie se abbiamo distrattamente dato il consenso all'utilizzo delle funzionalità di localizzazione. Per chi pensa di essere al sicuro evitando di possedere uno smartphone, sappia che anche il fido Nokia dei primi anni 2000 permette la localizzazione, per la natura stessa delle reti di telefonia mobile: tramite il riscontro delle celle agganciate si possono ricostruire gli spostamenti di una persona, e tramite triangolazione è possibile ricostruire con buona precisione la sua posizione sul territorio. Nulla di nuovo, il tracciamento tramite telefonia mobile è già realtà fin dai primi anni '90.
Sarebbe inoltre opportuno ricordare che nella lotta ad una pandemia la (apparente) tutela della privacy potrebbe passare in secondo piano, ma entreremmo in considerazioni etiche e politiche che non vogliono essere l'oggetto di questo post.
Più importante invece ricordare che l'app non raccoglie dati personali e non rileva la posizione dell'utente, facendo uso unicamente della tecnologia Bluetooth per rilevare i potenziali contatti con pazienti positivi al Covid-19.
Il concetto di API (Application Programming Interface) non è nulla di nuovo, essendo stato ideato e ampiamente utilizzato da molti anni. Semplificando, si tratta di un set di funzioni integrate nel sistema operativo che permette agli sviluppatori di eseguire con maggiore facilità determinati tipi di operazioni, evitando di dover scrivere codice da zero. Nel caso dei sistemi operativi per smartphone, da anni sono presenti API per gli usi più disparati, tra cui la gestione della realtà aumentata, delle funzionalità gaming, dello stato di salute, della domotica e dell'Internet of Things.
Se avete accuratamente evitato di installare gli ultimi aggiornamenti di Android e iOS, turbati dagli anatemi di Daniela Santanché e Diego Fusaro che si sono premurati di mettervi in guardia dalle possibili cospirazioni turbocapitaliste e dei poteri forti, potete installarli serenamente (e magari rivedere le vostre simpatie politiche o "intellettuali", già che ci siete).
E' importante ricordare, infatti, che le API, da sole, non svolgono alcuna funzione di tracciamento se non sono abbinate ad una o più applicazioni che ne fanno uso.
Per usare una metafora comprensibile ai più, è come se durante una ristrutturazione decideste di installare la predisposizione all'impianto di climatizzazione; la vostra casa sarà pronta ad ospitare un impianto di climatizzazione, ma fino a quando non deciderete di installare un vero e proprio climatizzatore - con unità esterna ed interna - continuerete a fare la sauna nel vostro bilocale di 52mq calpestabili (o a congelarvi, a seconda della latitudine in cui vi trovate).
Il funzionamento di Immuni è abbastanza semplice. Una volta installata e attivata, e abilitato il Bluetooth sul vostro smartphone, l'app genera un identificativo numerico. Attraverso il Bluetooth, l'app è in grado di stabilire se si è verificato un contatto tra voi e altri utenti che la utilizzano. Nel caso uno degli utenti da voi incontrati venisse identificato come positivo (operazione possibile solo con l'intervento di un operatore sanitario), riceverete una notifica che vi avvisa dell'avvenuto rischio.
Come detto, l'app non utilizza e non memorizza informazioni personali dell'utente, come nome, cognome, indirizzo, numero di telefono, posizione o altri dati personali. La notifica stessa vi avvisa dell'avvenuto contatto, ma non dell'identità della persona con cui siete entrate in contatto né del luogo.
Se si esamina la questione dal punto di vista puramente concettuale, la risposta è indubbiamente "si". Per inciso, nella gestione di una pandemia sono molto più utili il tracciamento dei contagi, l'isolamento e la cura tempestiva dei malati della pletora di norme inutili e per lo più inapplicabili nel mondo reale partorite dalle Task Force governative, che in questi mesi hanno tentato di convincerci dell'impellente necessità di sanificare la sabbia, di evitare di stazionare sulla battigia e di mettere in quarantena i libri.
I problemi nascono in quella che è la gestione offline della pandemia.
Il primo punto è ovviamente l'installazione da parte degli utenti: per essere efficace un'app come Immuni dovrebbe essere installata dalla maggior parte della cittadinanza, situazione difficile da immaginare alla luce dei temi che vedremo più avanti.
Il secondo punto riguarda la risposta sanitaria: se, come già accaduto nella fase 1, il sistema sanitario non riuscirà a garantire un'esecuzione efficace e tempestiva di test e tamponi, l'app sarà sostanzialmente inutile. E no, contrassegnare i contagiati come "sospetti Covid" dopo diagnosi telefonica non ha nessuna utilità nel contrasto alla diffusione del virus.
Posto che potrebbero esserci dei falsi positivi (il Bluetooth rileva la prossimità del contatto, ma ovviamente non ha nessuna informazione sulla tipologia del contatto e sulle probabilità di effettivo contagio), se abitate al di sopra del Po con molta probabilità vi troverete a ricevere delle notifiche di possibile esposizione al Covid nei prossimi mesi.
Cosa succede in questo caso?
Al momento sembra che l'unico consiglio offerto dall'app sia quello di autoisolarsi in casa e ridurre il più possibile i contatti umani fino alla data suggerita.
Questo approccio è, a mio avviso, assolutamente inefficace per diversi motivi.
Se avete la sfortuna di aver effettivamente contratto il virus e di essere tra quelli che lo contraggono in forma medio/grave, il problema non si pone; dovrete seguire gli iter previsti dal Sistema Sanitario Nazionale e dalle ATS regionali, sperando di riuscire ad ottenere un tampone in tempi umani e di non lasciarci le penne.
Se invece siete asintomatici o pauci-sintomatici, vi troverete rinchiusi in casa per un tempo indefinito (14 giorni, per alcune regioni si valutava l'ipotesi di aumentarlo a 28 giorni).
Per adottare un approccio utile bisognerebbe porsi alcune semplici domande:
- Se lo scopo dell'app è quello di isolare gli infetti, chi ha ricevuto una notifica di potenziale esposizione dovrebbe avere delle modalità e soprattutto delle tempistiche chiare per ottenere una visita, un test e/o un tampone; in Lombardia sono tristemente noti alle cronache casi di persone rimaste per settimane o mesi in attesa del tampone, o dei suoi risultati. Pensare che si possa stare per settimane o mesi chiusi in casa senza nessun tipo di assistenza è pura follia.
- L'app, oltre a consigliare l'autoisolamento, dovrebbe includere delle modalità rapide per contattare le autorità sanitarie e avere accesso alla diagnostica (e no, il consiglio di chiamare il numero verde di informazioni non lo è). Queste modalità dovrebbero essere valide a livello nazionale, e non lasciate alla libera iniziativa delle regioni.
- Cosa succede se, al momento della ricezione della notifica, mi trovo fuori casa (in vacanza, in viaggio in altra regione, all'estero)? Come avere accesso alla diagnostica e dove trascorrere l'eventuale periodo di isolamento?
- Se si considera obbligatorio l'isolamento domiciliare, è necessario predisporre delle forme di tutela e assistenza per chi viene isolato. Banalmente: la presenza di servizi di supporto per fare la spesa o avere rifornimento di farmaci se necessario; un monitoraggio continuo e costante delle condizioni di salute; la presenza di procedure rapide e chiare per segnalare un eventuale peggioramento delle condizioni di salute; la predisposizione di forme di isolamento più efficaci per chi non vive da solo, dato che si è ampiamente visto come la convivenza in ambienti chiusi e ristretti possa aumentare il rischio di contagio tra familiari o conviventi; la tutela economica per i lavoratori autonomi, e un riconoscimento istituzionale del periodo di autoisolamento per i lavoratori dipendenti che non possono usufruire dello smart working.
- Oltre a quanto detto, una delle caratteristiche del Covid-19 che abbiamo imparato a conoscere è la possibile persistenza della carica virale anche per molto tempo dopo la fine della quarantena tradizionale. Non sono infrequenti casi di persone che sono rimaste positive (e dunque potenzialmente contagiose) anche per mesi dopo la scomparsa dei sintomi, a ulteriore conferma che l'autoisolamento domiciliare, da solo, non servirebbe a nulla, se nessuno si occupa di certificare la mia guarigione e il possibile ritorno alla vita normale.
Per il momento l'ho installata per semplice curiosità, dato che nella fase iniziale non è utilizzabile in Lombardia.
A margine, vorrei fare i complimenti anche al team di sviluppo, che ha finalmente dimostrato come sia possibile creare un'app istituzionale con un'interfaccia elegante e un'usabilità che non ricordino i favolosi anni '90.
Tornando all'app, la attiverò se e quando verrà data una risposta chiara ed esaustiva alle domande contenute in questo post.
In questi giorni circolano delle mail fasulle che invitano a scaricare Immuni cliccando su un link: si tratta di una truffa, che comporta il download di un virus (un ransomware, nello specifico). Per quanto nel paese dell'autocertificazione in duplice copia sia tutto possibile, ricordatevi che nessuno vi manderà mai un link di installazione via mail, e che le app si installano sempre e solo dall'App Store del vostro smartphone.
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